Prima di avere dei bambini avevo una precisa idea della stanchezza. Conoscevo la stanchezza fisica perché in un’era che mi sembra un’altra vita praticavo tanto sport e nuotavo chilometri e chilometri e quando uscivo ero fisicamente distrutta ma mentalmente in paradiso per tutte le endorfine che si erano liberate nel mio corpo.
Sapevo cosa vuol dire avere i muscoli a pezzi da dover arrancare fino al divano, ma sapevo che potevo permettermi di starci pure due ore distesa davanti a un film.
Conoscevo anche la stanchezza mentale. Le sessioni di studio universitario pre esame mi hanno insegnato a essere per ore e ore di seguito vigile, attenta, con la memoria sempre attiva, tenace e concentrata. Se ci penso adesso oggi mi sembra impossibile poter studiare attivamente per dieci ore di fila. Eppure ho studiato anche quando avevo già iniziato a lavorare otto ore al giorno. Tornavo a casa dopo l’ufficio e studiavo almeno tre o quattro ore. E se non studiavo scrivevo la tesi. Ero mentalmente a pezzi quando riuscivo a andare a letto. Ma sprofondavo nel sonno e il sonno mi mangiava e distruggeva ogni neurone stanco e lo sostituiva con uno pieno di forza per il giorno dopo.
Adesso che invece ho dei bambini piccoli mi sembra di essere preda di una stanchezza totale. Una stanchezza che nessun sonno riesce a ristorare perché il sonno non arriva più a seppellirmi. È un sonno sempre sottile, pronto a interrompersi per ogni respiro diverso, per ogni colpo di tosse. È un sonno che ha imparato addirittura a ingannarmi per farmi credere che stia durando tanto: a volte guardo la sveglia che segna le 3,30 del mattino, poi mi assopisco e sogno dei sogni che credo lunghissimi e quando apro gli occhi mi dico “beh avrò almeno dormito due ore di seguito” e invece la sveglia segna soltanto le 4.
È una stanchezza fisica perche accumulata nelle ore di allattamento che piegano le spalle e il collo, nelle ore di corse al parco tra uno scivolo e un’altalena, nelle ore trascorse a cullare una neonata per farla addormentare quando piange per le coliche, nelle ore piegate nel caricarsi in braccio 14 chili di bambino per tre piani di scale perché quando ti dice “mamma adesso prendi in braccio me?” come fai a dire di no.
E a volte quel NO non esce proprio per stanchezza. Quella mentale stavolta. Quella che ti segna le rughe in fronte e intorno alla bocca dalla tensione di dover essere responsabile ventiquattro ore su ventiquattro della vita di due piccolissimi esseri umani. Non ci sono sessioni di studio di greco antico che competano con l’impegno che richiede vigilare, sorridere, dare spiegazioni, insegnare, consolare, curare, educare, sgridare, essere pazienti, trattenere la rabbia e la tristezza per mantenersi saldi al timone, annotare mentalmente ricordi, cercare di essere sempre presenti nei momenti indelebili e unici. E poi la stanchezza accumulata nel dover mediare: saper convincere, riuscire a non sbottare al centesimo “No, non mi lavo! No, non mangio! No, non voglio uscire!”, gestire mille compromessi tra la voglia di fare una cosa e ben tre volontà contrarie alla tua. Mediare con il proprio marito, rinunciare, accettare, tacere. Che anche nei suoi silenzi leggi la stanchezza che preme sulle tue palpebre e senza dire niente capisci e non insisti. E questa stanchezza per me è la stanchezza che mischia mente e fisico e volontà. Una stanchezza che non riesco mai a lenire, che si è annidata nelle occhiaie del volto e nel peso che sento nelle tempie quando metto la testa sul cuscino. Molto spesso la sera, dopo aver addormentato due bambini, quando finalmente è il mio turno per andare a letto, la responsabilità della giornata mi si carica tutta in un cerchio sulla fronte che non mi permette di addormentarmi. E allora, dato che non mi vede più nessuno, posso permettermi pure di essere nervosa e incazzarmi con il mio mal di testa con il solo risultato di dormire tardissimo.
Lo so che esistono stanchezza molto più intense. Penso a chi deve accudire familiari malati, a chi deve crescere bambini con handicap; penso a chi affronta malattie terribili e si sforza di rimanere saldo, forte e sereno. E so molto bene che la mia stanchezza in confronto alle loro è una benedizione dal cielo. Però vorrei che per tutte queste stanchezze che scavano mente e fisico ci fosse almeno un giorno al mese in cui si potesse entrare in una stanza tutta blu. Stendersi su un letto blu, respirare aria blu, venire massaggiati dalla testa ai piedi da qualcuno vestito di blu, Chiudere gli occhi per ventiquattro ore e risvegliarsi freschi e pieni di energie e pensieri positivi. Niente occhiaie, pelle distesa e testa leggera.
Solo … grazie.
Uno dei commenti più belli che ho ricevuto.
Trasuda empatia.
Grazie a te Fabia.
Con la mia bimba di sette mesi tra le braccia che dormiva ed io con i lacrimoni agli occhi, non potevo fare altro che ringraziarti.
Ciao ho scoperto per caso il tuo sito ed è stata una piacevole scoperta perché leggendo i tuoi articoli ho pensato “sembro io!” Mi ci sono ritrovata tantissimo ed è bello perché mi rendo conto che siamo una Comunità di mamme che vivono le stesse situazioni e ricordarmelo è importante per non sentirsi sole e sapere che confrontarsi ci può essere di grande aiuto.
A presto e grazie
Chiara (mamma di Francesco di 7 mesi)
Ciao Chiara, quando ricevo commenti come i tuoi, mi riempio di orgoglio e felicità. Anche solo aver stimolato in una mamma il pensiero di non essere sola, di essere parte di “un grande cerchio” della vita, in cui siamo tante e siamo tanti a vivere e provare le stesse cose, dà senso a quello che ho scritto.
Un abbraccio.
Cara ValeMama…..ho appena letto il tuo articolo e mi sono commossa perché è proprio questo il senso di essere mamma….essere stanche, stanchissime, non farcela per se stesse ma per il proprio figlio farcela sempre e comunque. Diego ha 18 mesi, io di mesi ne ho 480 (40 anni) , non sono mai stata così stanca, non dormire la notte, allattare a richiesta (ma sono quasi pronta per smettere…non Diego), andare a lavorare, correre nei parchi (fare il cavallino, fare l’altalena…)…la lista è infinita ma quando mi metto al suo livllo e faccio, come dice il padre la “scemotta”, sentire ancora quella sua risata così sguaiata e allegra dentro di me sento di avere ancora energia per sentirla ancora una volta….e ancora un’altra e poi un’altra ancora. Grazie dell’articolo.
Grazie a te Silvana per aver condiviso la tua esperienza. È una stanchezza totale, nella sua bellezza e nella sua inevitabilità. Un abbraccio.